mercoledì 28 settembre 2016

Volti della misericordia: Gesù Cristo, il Crocifisso Vivente


Nella Basilica di san Francesco ad Assisi la predicazione della novena in preparazione alla festa è affidata quest'anno a p. Gianni Cappelletto, frate minore conventuale. Nel nostro blog proporremo un settenario con degli stralci interessanti delle sue omelie, ringraziando p. Gianni per averci concesso di pubblicarle.

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4. Volti della misericordia: Gesù Cristo, il Crocifisso Vivente

«Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi» (MV 1). 

Dai LUOGHI ai VOLTI della misericordia. E ovviamente il primo è quello del nostro Signore Gesù Cristo: è Lui, afferma papa Francesco all'inizio della bolla di indizione del Giubileo – è Lui "della misericordia del Padre" il VOLTO (cf. MV 1). 

È vero che Gesù non appare all'improvviso perché preceduto da altre modalità con cui il Padre ha rivelato il suo nome di Misericordioso – come ha fatto per esempio nell'Antico Testamento. Ma è altrettanto vero che nel suo Figlio incarnato, oltre al nome vediamo pure il volto: «Chi vede me – afferma lo stesso Cristo – vede il Padre» (Gv 14,9). «Dio – scrive l'evangelista Giovanni – nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è Lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18). Trova così finalmente risposta la domanda di ogni credente che il testo sacro mette in bocca a Mosè: «Mostrami il tuo volto» (Es 33,18). Infatti, «Gesù di Nazaret con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio» (MV 1). 

A quale momento specifico della vita di Gesù, a quali sue scelte guardare in particolare per vedervi riflesso il volto del Padre, il cui nome è "Misericordia"? Tra le tante proposte – i tanti volti di Gesù – presenti in questa Basilica, mi fermo sulle due che ritengo più significative e più "parlanti". Il primo è quello presente nel ciclo pittorico attribuito dai più al cosiddetto "Maestro di San Francesco" e realizzato tra il 1250 e il 1260. Si trova nella navata centrale di questa Basilica Inferiore, sulla parete alla mia sinistra. Il pittore, della vita di Cristo narra solo i momenti della passione – morte – risurrezione … forse rifacendosi all'inno cristologico della lettera di Paolo ai Filippesi in cui si afferma che Gesù non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma si spogliò di questa prerogativa accettando di assumere la fragilità della condizione umana (cf. Fil 2,5-11). 

E il ciclo pittorico inizia proprio con la spoliazione di Gesù accanto alla croce alla quale è addossata una scala per indicare la scelta libera di Gesù di salirvi sopra: ha assunto così la condizione di servo facendosi simile a noi in tutto eccetto il peccato. Ma non si è fermato a questa scelta; è sceso infatti più in basso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte infamante della croce. Questo è il motivo per cui Dio Padre lo ha innalzato facendo in modo che il nome del Figlio suo venga riconosciuto e proclamato da tutti come "Signore Crocifisso-Risorto". Spoliazione di sé – morte in croce – risurrezione: cosa ci svelano del volto misericordioso del Padre? Sì, perché scopo della spoliazione per Gesù non è "morire in croce", quanto svelare il volto e lo stile del Padre. Quale volto? 

Quello di un "Dio capovolto"… che si capovolge cioè a testa in giù e obbliga noi a rovesciare l’immagine che ci facciamo non solo di Lui quanto anche di noi, come credenti perché da Lui amati: - è Lui che fa il primo passo verso di noi … che ci precede donandosi a noi quando noi siamo ancora nel peccato: questo capovolgimento di Dio ci obbliga a ripensare il nostro rapporto con Lui non in termini di merito (= faccio qualcosa per Dio, per cui sono bravo e ho diritto alla ricompensa) ma in termini di grazia: è Lui a fare il primo passo verso di noi, a diventare “come noi”, per cui non è solo il "Dio con noi" quanto anche il "Dio come noi" e per questo pure il "Dio per noi"; - la scelta di morire in croce non è segno di sconfitta (così nella logica umana di sempre) quanto di vittoria (così nella logica di Dio che lo fa risorgere da morte): questo mi obbliga a pensare la croce non come ad un incidente momentaneo superato dalla risurrezione, quanto a esperienza che si porta dentro la stessa risurrezione, per cui la croce non va tolta: il Crocifisso è Risorto, ma il Risorto mantiene i segni del Crocifisso, come attesta – per esempio – il crocifisso esposto sopra l’altare sul quale mi soffermerò tra poco. 

Togliere il Crocifisso dal Risorto significa – ha affermato papa Francesco pellegrino in Assisi il 4 ottobre 2013 – diventare "cristiani di pasticceria" che riducono la vita cristiana a soli "dolcetti" (il Risorto) senza la fatica di produrli (il Crocifisso); - altro capovolgimento: l’amore di Dio testimoniato dal Crocifisso Risorto attrae sì, ma nella debolezza… come ogni amore, perché non si impone ma si propone, si offre e attende una risposta libera. Questi "capovolgimenti" di Dio, San Francesco li aveva non solo capiti ma pure incarnati con scelte di vita coerenti, riproposte in parte dallo stesso anonimo pittore nella parete alla mia destra della navata, a iniziare dallo spogliamento davanti al Vescovo Guido fino al transito, alla morte, momento in cui viene riconosciuto che lo stesso Poverello di Assisi è stato talmente conforme al suo Signore da meritare di avere impresse le sue stesse stimmate nel corpo. Gesù "Crocifisso Risorto" – "Risorto Crocifisso" è la suprema rivelazione della misericordia del Padre perché capovolge il nostro modo di pensare a Dio e a noi stessi. Con una espressione sintetica: - per noi vale il "mors tua – vita mea" = meglio se muori tu, così io posso vivere; - per Gesù e suo Padre vale il "mors mea – vita tua": preferisco morire io purché tu viva […]

La seconda proposta presente in questa Basilica cui guardare per contemplare il volto misericordioso del Padre è quel Crocifisso Risorto che vedete appeso sopra l’altare: richiama il cosiddetto "Crocifisso di San Damiano" […]. Anche questo Crocifisso riporta contemporaneamente le prove della passione – morte (è in croce, e sono visibili i segni dei chiodi e della lancia) e quelle della risurrezione (ha gli occhi aperti, i capelli ben curati, il corpo pulito). Pure questo dipinto ci fa riflettere sul volto di un Dio capovolto, uno stile che possiamo riassumere nell'espressione "con Dio vince chi perde": - l’ha compreso e vissuto Gesù scegliendo liberamente di essere quel chicco di grano che, posto nel terreno della storia umana, ha accettato di morire per far fiorire la vita; - l’ha compreso e vissuto San Francesco: ha accettato di morire a se stesso, ai suoi progetti di essere considerato il nuovo re Artù attorniato dai cavalieri della Tavola rotonda… e si è messo al servizio del Signore meritando di entrare nella sua gloria – come testimonia il "Gloriosus Franciscus" dipinto nella vela di fronte alla maggior parte di voi, subito sopra il Crocifisso Risorto. 

Francesco aveva compreso lo stile pasquale dal suo Signore che ha vinto (ecco la risurrezione) perché ha accettato di perdere (ecco la croce): messaggio contro corrente oggi perché per la cultura attuale "vince chi vince"… e non importa come; soprattutto: se c’è da pagare un prezzo, fatti furbo, e fallo pagare agli altri! Comprendiamo, allora, perché è importante l'invito che lo stesso Poverello di Assisi rivolgeva ai suoi frati (ma vale per tutti) di "sfogliare e risfogliare il libro della Croce" (FF 1067) e guardare alle piaghe del Signore, «vere finestre aperte sulle viscere della sua misericordia» (FF 1991), perché la «santa compassione del Crocifisso» si possa imprimere «profondamente nel cuore» (FF 594). 

E probabilmente è più chiaro a tutti il suggerimento che ci ha rivolto papa Francesco pellegrino in Assisi il 4 ottobre 2013, e cioè di «lasciarci guadare dal Crocifisso» per ascoltare quello che Lui ci narra della misericordia del Padre e per contemplare in Lui quello "stile pasquale" del "vince chi perde", meglio ancora del "dentro la perdita (croce e morte) fiorisce la vita" (risurrezione). Settanta volte sette! Questa è la speranza che apre alla vita orizzonti nuovi e alternativi al senso di sfiducia che ingabbia la vita di molte persone oggi: a noi cristiani la responsabilità di testimoniare che il "Dio capovolto" in cui crediamo è capace di "capovolgere" la vita di chi si lascia guadare con amore da Lui. Il Figlio suo "Crocifisso e Risorto" continui a guardarci con il sorriso sulle labbra per farci sperimentare la potenza di vita presente nella misericordia e nel perdono del Padre suo e nostro.

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